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Come utilizzare il flash

Nozioni tecniche

Come utilizzare il Flash: Teoria e trucchi




Il flash è una delle cose più odiate/amate del mondo della fotografia.
Odiato perché obbliga a calcoli matematici che non sempre è possibile fare al volo "sul campo", amato perché consente di fotografare anche quando l'occhio umano non è in grado nemmeno di distinguere le semplici forme di un oggetto.
Però è anche uno degli strumenti più semplici da usare, almeno se non ci si rivolge a modelli molto sofisticati (e costosi): in tutti è presente almeno un automatismo di esposizione, e alcuni addirittura sono in grado di dialogare con la fotocamera e di emettere la giusta luce senza bisogno di altri interventi manuali da parte del fotografo.
In questa trattazione spiegherò come è fatto un flash, le basi tecniche del suo uso, e alcuni trucchi per evitare i più comuni errori.

Come è fatto un flash?

La sua parte più importante è la testa, ovvero quel blocchetto che contiene la fonte luminosa e che normalmente è posto al di sopra di uno zoccolo.
Quest'ultimo può essere provvisto di attacco per la slitta accessori della fotocamera, e in questo caso il flash viene definito "a slitta"; oppure è una specie di manico che può essere avvitato ad un treppiede o ad una sbarretta metallica fissata alla fotocamera, e in questo caso si parla di "flash a torcia".
Questi tipi di flash vengono alimentati a batterie o accumulatori, alloggiate nello zoccolo, e a volte sono disponibili anche degli alimentatori a corrente elettrica.
A volte lo zoccolo non è presente, e la testa è invece attaccata ad una forcella mobile; questo tipo di flash ha in genere una potenza molto maggiore degli altri, oltre ad una notevole versatilità.
Viene alimentato direttamente dalla corrente di una presa ENEL tramite un apposito alimentatore, la potenza di emissione può essere variata in maniera continua, ed ha la possibilità di montare accessori quali ombrelli, diffusori ("bank"), parabole di vari tipi, filtri colorati, ed altro.

Caratteristiche da tenere a mente

Una caratteristica importante di cui dobbiamo tenere conto nell'uso del flash è l'"angolo di illuminazione", meglio definito come "minima focale utilizzabile".

Cosa significa?

Ipotizziamo l'uso di una focale di 50 mm, corrispondente ad un angolo di campo di circa 45 gradi; affinché la scena sia illuminata in ogni sua parte, il flash deve essere in grado di indirizzare i suoi raggi luminosi almeno su 60 gradi in ogni direzione (bisogna infatti tenere conto che l'angolo di campo di un obiettivo viene definito su una proiezione orizzontale - come se guardassimo il fotografo dall'alto -, il che significa che tra due angoli opposti del fotogramma questo sarà ben maggiore di 45 gradi, in questo caso circa 55).
In genere, i flash vengono dichiarati come compatibili con la focale minima di 28 mm, ma occorre sempre fare attenzione; infatti, nel caso di flash a slitta, la luce emessa può incontrare l'ostacolo di un paraluce montato sull'obiettivo, e in certi casi lo stesso obiettivo può invadere la zona di emissione (molti zoom luminosi hanno delle dimensioni notevoli).

Trucchi/consigli:

" evitare l'uso del paraluce insieme al flash e alle focali minori;
" utilizzare una focale che consenta di non includere nell'inquadratura l'ombra dell'obiettivo;
" tentare di mantenere la testa del flash il più lontano possibile dall'obiettivo.
Alcuni flash evoluti hanno la cosiddetta "parabola motorizzata", ovvero tramite dei collegamenti elettrici sono in grado di adeguare l'angolo di emissione alla focale impostata sull'obiettivo; altri ancora (molto più costosi) consentono anche di sostituire la parabola stessa, e a volte di toglierla del tutto e lasciare quindi la sola lampadina come fonte luminosa, senza accessori che dirigano i raggi luminosi in una sola direzione.

Ma quali sono i calcoli matematici di cui si parlava sopra?

Bisogna introdurre il concetto di numero guida:

dicesi Numero Guida di un flash il prodotto tra la distanza flash-soggetto espressa in metri e l'apertura f/ del diaframma, nelle condizioni ideali di illuminazione; in termini matematici:

numero guida (NG) = distanza flash-soggetto (in metri) X apertura del diaframma

Se proviamo ad invertire i termini, possiamo dire che:

1) il diaframma necessario ad esporre correttamente un soggetto posto ad una certa distanza, e con un flash di un dato numero guida, è pari al rapporto tra numero guida e distanza:

apertura diaframma = numero guida / distanza

2) la distanza a cui bisogna fotografare un soggetto in presenza di un flash con un certo numero guida e con un obiettivo di apertura data è pari al rapporto tra numero guida e diaframma:

distanza = numero guida / apertura diaframma

A questo punto è facile calcolare i massimi valori ammessi con i vari parametri (ad esempio quale è la massima distanza a cui è possibile fotografare un soggetto, o anche la minima distanza se il flash ha un dato numero guida e l'obiettivo ha una certa apertura minima di diaframma).

Cosa significa tutto ciò?

Anzitutto, che più il diaframma è chiuso e più il flash deve essere potente per ottenere la giusta esposizione a parità di distanza; in pratica, al raddoppio del diaframma il numero guida necessario raddoppia.

In secondo luogo, più il flash è potente e maggiore può essere la distanza tra flash e soggetto, a parità di diaframma: numero guida doppio corrisponde ad una distanza utile doppia.

Bisogna però stare attenti al fatto che il numero guida NON rappresenta la potenza della lampadina del flash: esso infatti dipende non solo da questa potenza, ma anche da come viene guidata la luce che ne fuoriesce.

In altre parole, la quantità di luce che raggiungerà il soggetto è la somma di quella diretta proveniente dalla lampada e di quella riflessa dalla parabola (se non sono montati accessori, i quali ultimi influiranno ulteriormente su direzione, quantità e qualità dell'emissione luminosa).

È importante capire che se la parabola concentra la luce su una zona più stretta il soggetto fotografato sarà maggiormente illuminato rispetto ad una concentrazione della luce su una zona più ampia.

Conseguenza di ciò è che il numero guida dichiarato viene sempre espresso per una focale di 50 mm, nel caso di flash a parabola mobile; è chiaro infatti che impostando la parabola per una focale di 28 mm la luce risultante per unità di superficie compresa nel fotogramma sarà minore, dovendo essere meno concentrata, mentre avverrà l'inverso per una focale di 100 mm.

Va notato che l'utilizzo di accessori come diffusori o filtri colorati sul flash diminuisce il suo numero guida (è il caso di quei pezzetti di plastica opaca in dotazione a molti flash, che consentono di diffondere maggiormente la luce in presenza di obiettivi di piccola focale come i 35 o i 28 mm).

Discorso a parte meritano i flash da studio, solitamente alimentati dalla rete e che vengono fissati su delle forcelle, oppure quelli con testa "modulare": la loro potenza complessiva non può essere espressa dal numero guida, in quanto anche la semplice sostituzione della parabola con altra di diverso tipo modifica notevolmente la quantità di luce diretta verso il soggetto fotografato, e non sempre è possibile quantificare esattamente questa variazione.

Ne consegue che la definizione di numero guida può essere applicata solamente a quei flash in cui la testa nonsia modificabile, e sarà quindi a questi che mi riferirò nel seguito del testo.

Ma... e quelli con la parabola motorizzata?

Giusta domanda, e conseguente risposta: il produttore del flash specifica sempre il numero guida alle varie focali, le quali ultime non sono mai variabili in maniera continua ma hanno dei passi predefiniti.

Ad esempio, il Canon 380EX può impostare la sua parabola su cinque posizioni in base alla focale prescelta sull'obiettivo, e ad ognuna corrisponde un preciso numero guida che il produttore ha dichiarato su una tabellina allegata al libretto di istruzioni; conoscendo quindi uno degli altri parametri (distanza o diaframma) non è difficile trovare la giusta combinazione in grado di rendere il soggetto correttamente illuminato.

Tutto molto bello, ma a che velocità di otturatore scatto?

Prima di tutto cerchiamo di capire come funziona un otturatore.

Ve ne sono di due tipi: quello centrale e quello a tendina.

1) Otturatore a tendina:

è formato da due elementi, che possono essere di stoffa o in lamelle di vario materiale rigido (alluminio, plastica) che a riposo sono uno di fianco all'altro; quando la fotocamera viene caricata, si spostano entrambi verso una certa zona, che può essere laterale o in alto o in basso (a seconda di quale sia il movimento, se orizzontale o verticale).

Al momento dello scatto, la prima tendina inizia a muoversi verso la direzione opposta, mentre la seconda sta ancora ferma; quest'ultima parte al momento stabilito affinché ogni porzione del fotogramma sia esposta per il tempo necessario, in altre parole passa dopo il tempo di scatto impostato esattamente sullo stesso punto in cui era passata in precedenza la prima tendina.

A causa di alcuni limiti strutturali, esiste un tempo minimo di scatto per cui la seconda tendina ancora non è partita, mentre la prima è già arrivata a destinazione; con tempi ancora più veloci, le due tendine formano una fessura che scorre sul fotogramma quindi quest'ultimo non è mai esposto contemporaneamente in ogni sua parte; si deve anche sapere che la luce del flash dura infinitamente meno del tempo necessario ad ogni tendina per percorrere tutto il tragitto da un lato all'altro.

Di conseguenza, l'unico momento in cui il flash può scattare è quando la prima tendina è già arrivata sul lato opposto, ma la seconda ancora non si è mossa; questo avviene per tutti quei tempi superiori o uguali al tempo minimo sopra descritto, il quale ultimo è detto "tempo di sincro-flash".

Su qualunque fotocamera con otturatore a tendina esiste quindi un tempo di sincronizzazione, a volte evidenziato sulla ghiera dei tempi, altre volte preimpostato dalla fotocamera stessa non appena il fotografo accende il flash; nulla vieta però di scattare con tempi più lunghi del sincro, in quanto al momento dello scatto il fotogramma è comunque interamente esposto alla luce.

2) Otturatore centrale:

è formato da una serie di lamelle, che al momento dello scatto si muovono contemporaneamente in senso circolare; è chiaro che, con questo sistema, qualunque tempo si usi esisterà sempre un momento in cui il fotogramma sarà esposto nella sua interezza, e quindi il flash può essere usato con qualunque velocità di scatto si operi.

Data la sua complessità, però, questo sistema non può operare con tempi più brevi di 1/500, a volte 1/1000; inoltre è molto costoso, per questo viene usato su macchine dal carattere spiccatamente professionale quali possono essere le medio formato o anche le grande formato.

C'è altro?

Un altro fattore da considerare è la sensibilità della pellicola.

Il numero guida dichiarato viene sempre espresso in base ad una determinata sensibilità ISO della pellicola utilizzata, in genere 100 ISO.

Chiaramente, quando la sensibilità è diversa cambia anche la quantità di luce necessaria alla corretta illuminazione del soggetto; ad ogni raddoppio della sensibilità della pellicola la luce necessaria andrà divisa per la radice quadrata di 2, ovvero il valore f/ del diaframma andrà moltiplicato per la radice quadrata di 2.

Se poniamo quindi "sqr()" come simbolo di "radice quadrata", e ipotizziamo che per 100 ISO di sensibilità della pellicola il diaframma necessario sia f/2, otteniamo che a parità di illuminazione dovremo usare:

100 ISO -> diaframma 2

200 ISO -> diaframma 2 X sqr(2) = diaframma corretto 2,8

400 ISO -> diaframma 2,8 X sqr(2) = diaframma corretto 4

800 ISO -> diaframma 4 X sqr(2) = diaframma corretto 5,6

1600 ISO -> diaframma 5,6 X sqr(2) = diaframma corretto 8

3200 ISO -> diaframma 8 X sqr(2) = diaframma corretto 11

Riguardando la formula del numero guida (NG = dist X f), si capisce immediatamente come anche il numero guida sia soggetto alle stesse identiche variazioni:

100 ISO -> NG 10

200 ISO -> NG 10 X sqr(2) = NG reale 14

400 ISO -> NG 14 X sqr(2) = NG reale 20

800 ISO -> NG 20 X sqr(2) = NG reale 28

1600 ISO -> NG 28 X sqr(2) = NG reale 40

3200 ISO -> NG 40 X SQR(2) = NG reale 56

Questo significa che un flash, dichiarato come NG 10 a 100 ISO, utilizzando una pellicola da 3200 ISO può essere usato come un flash con numero guida 56 a 100 ISO!

Ma come posso automatizzare questo calcolo?

Anzitutto, posto sqr(2) = 1,4 circa, dobbiamo trasformare le varie sensibilità in fattori di moltiplicazione, in base a quanto detto sulle variazioni di luce necessaria:

fattore(100) -> 1

fattore(200) -> 1,4

fattore(400) -> 2

fattore(800) -> 2,8

fattore(1600) -> 4

fattore(3200) -> 5,6

Vi ricorda nulla questa serie di numeri? Ma sì, è proprio lei, la scala dei diaframmi!

A questo punto è fatta, basta moltiplicare il valore ottenuto a 100 ISO per il fattore corrispondente alla sensibilità della pellicola usata.

Proviamo a fare qualche esempio.

1) Usiamo pellicola 100 ISO, un flash numero guida 20 a 100 ISO, il soggetto è posto a 10 metri:

f = NG / dist = 20 / 10 = 2

il diaframma necessario per illuminare correttamente il soggetto sarà f/2

2) Usiamo pellicola 400 ISO, un flash numero guida 20 a 100 ISO, il soggetto è posto a 10 metri:

f1 = NG / dist = 20 / 10 = 2

ma dal momento che la pellicola non è 100 ISO, dobbiamo giocare con i fattori sopra esposti:

f = f1 X fattore(400) = 2 X 2 = 4

quindi dovremo chiudere ulteriormente a f/4, per non sovraesporre il soggetto.

3) Vogliamo calcolare che numero guida ci occorre se abbiamo un soggetto distante 20 metri, il nostro obiettivo può aprire al massimo a f/2, la pellicola è 100 ISO:

NG = dist X f = 20 x 2 = 40

Avremo quindi bisogno di un flash con almeno un numero guida 40 per illuminare correttamente il soggetto.

4) Vogliamo calcolare a che distanza massima possiamo ottenere un soggetto correttamente illuminato, avendo un flash numero guida 45, una pellicola 800 ISO e un obiettivo di apertura massima 2,8:

dist = (NG / f) X fattore(800) = (45 / 2,8) X 2,8 = 45 metri

quindi potremo correttamente esporre un soggetto a 45 metri di distanza.

Ma bisogna sempre farsi questi calcoli per illuminare correttamente un soggetto?

No, o almeno non sempre.
Praticamente tutti i flash portatili (quelli a slitta e a torcia che sono alimentati a batterie) hanno come minimo un automatismo di esposizione, costituito da una fotocellula sullo zoccolo che legge la quantità di luce che raggiunge la scena e interrompe l'alimentazione alla lampadina quando l'illuminazione viene ritenuta sufficiente.

Molti flash, inoltre, hanno un automatismo molto più preciso, che sfrutta l'esposimetro TTL della fotocamera tramite dei contatti inseriti nella slitta: alla fin fine funzionano come quelli automatici detti sopra, interrompendo l'alimentazione alla lampada quando la fotocamera comunica l'avvenuta corretta esposizione.

Naturalmente una esposizione TTL è possibile solo se sia la fotocamera che il flash hanno la possibilità di usarlo, ed entrambi siano compatibili: è il caso dei cosiddetti flash dedicati, progettati per l'accoppiamento TTL con un certo modello di fotocamera (o addirittura una certa marca di fotocamere), e quei flash universali che emulino le funzioni dei flash dedicati.

In qualche caso i flash vengono progettati per operare al meglio con un modello specifico di fotocamera; lavoreranno entrambi, flash e fotocamera, in perfetta simbiosi, e ci saranno situazioni in cui il fotografo non dovrà fare altro che inquadrare e scattare, sicuro che l'esposizione sarà corretta in ogni caso.

Naturalmente, se state leggendo questo testo, non siete uno di questi fotografi...

Si, ma in fondo a cosa mi serve tutta questa "Pappardella"?

Ma siamo sicuri che ciò che otteniamo sia anche ciò che vogliamo?

Guardiamoci intorno: quante foto sarebbero state migliori se la luce non fosse provenuta direttamente dalla fotocamera?

C'è veramente gusto a montare il flash, puntare e scattare?

Sappiamo veramente cosa vogliamo ottenere da una fotografia?

Sapete che l'automatismo incorporato nei flash è quello più soggetto a castronerie nel suo funzionamento, fra tutti quelli presenti nel complesso fotocamera-flash?

Quindi, se non se ne può fare a meno, meglio un flash che abbia sì la possibilità di lavorare in completo automatismo (possibilmente TTL), ma che abbia anche la possibilità di lavorare in manuale, in modo da avere il più completo controllo sull'illuminazione della scena.

Come mai le mie modelle vengono sempre con gli occhi rossi?

Ecco uno dei problemi nell'uso di un flash a slitta.

Quando la distanza tra flash e obiettivo è ridotta, la luce che arriva al soggetto attraversa la sua pupilla, rimbalza sulla retina (su cui e' presente un grosso intreccio di vasi sanguigni), e ritorna indietro con lo stesso colore dell'oggetto da cui proviene, in questo caso i vasi sanguigni: da qui il caratteristico effetto degli "occhi rossi".

Come eliminarlo? Ci sono vari sistemi:

1) emissione dalla fotocamera di una luce piuttosto forte in direzione del soggetto, in modo che le sue pupille tendano a restringersi e quindi mascherino la retina;

2) allontanamento del flash dall'obiettivo, sia allungando lo zoccolo in fase di progettazione del flash, sia utilizzando apposite prolunghe;

3) emissione di due colpi di flash, il primo di potenza ridotta e il secondo alla potenza desiderata, ottenendo lo stesso risultato che al punto 1;

4) se possibile, chiedere al soggetto fotografato di non guardare direttamente nell'obiettivo, ma guardare magari verso la spalla del fotografo, sembra poco ma già così il rischio si abbatte di molto.

Vale anche per gli animali?

Ovvio, con l'aggravante che gli occhi degli animali in genere sono molto più grandi e diversi rispetto a quelli dell'uomo; ad esempio il mio gatto che sta guardando un oggetto posto ad un metro e mezzo sulla mia destra mi viene invariabilmente con gli occhi verdi.

... Verdi? Già: la diversa anatomia dell'occhio felino impedisce alla luce di attraversare il bulbo oculare e tornare indietro direttamente dalla retina, ma introduce un gioco di riflessioni/rifrazioni come se stessimo fotografando una palla di vetro pieno.

Al contrario, nei bovini il flash non provoca inestetismi evidenti; rimane il fatto che in generale, per fotografare degli animali col flash (cosa comunque da evitare se possibile, spaventa quelli che non ci sono abituati) conviene seguire una tecnica che spiegherò qua sotto.

Iniziamo a giocare...

Il flash più comodo è ovviamente quello a slitta: lo si prende, lo si infila nella slitta, si accende e si aspetta il segnale di pronto flash, a quel punto si inizia a scattare...

Non che sia una cosa sbagliatissima, ma insomma, tutte quelle foto agli sposi che sembrano dei manifesti attaccati al muro della chiesa mi hanno un po' stufato... e allora?

Esistono in commercio degli zoccoletti da collegare alla slitta accessori della fotocamera, dotati di presa PC (un tipo particolare di connettore, che è diventato lo standard in campo fotografico per il pilotaggio dei flash cosiddetti esterni); ne esistono altri su cui invece va infilato il flash, anche essi dotati di presa PC; naturalmente esistono anche i cavetti PC per collegare entrambi gli accessori tra loro...

Una volta che il flash può essere messo dove vogliamo, e possiamo fotografare dalla posizione che vogliamo (compatibilmente con la lunghezza del cavetto utilizzato), si aprono davanti a noi orizzonti molto più ampi.

Anzitutto basta mettere il flash al nostro fianco (magari con un amico-assistente che lo sostiene) e già si elimina il problema degli occhi rossi.

Il fatto poi che la luce non provenga direttamente dalla fotocamera, ma da una posizione laterale, consente di dare una maggiore profondità alla fotografia: non avremo più la quasi assoluta mancanza di ombre (ecco perché parlavo di sposi simili a manifesti stampati sul muro della chiesa), ma otterremo un miglior gioco luminoso sui tratti dei volti ripresi, e la fotografia apparirà molto meno piatta.

Volendo spingersi più in là, potremmo mettere il flash direttamente sotto al volto del soggetto (sconsigliato per i deboli di cuore o stomaco), sopra la nostra testa, lateralmente al viso fotografato, dietro al soggetto a mò di aureola... insomma, possiamo divertirci proprio come ci pare.

Unico inconveniente di questo sistema: occorre dimenticarsi degli automatismi, al massimo si può utilizzare quello incorporato nel flash ma a questo punto si dice addio alla creatività (perché lasciare la parte più importante - la quantità di luce - alle pazzie della fotocellula, dopo aver cercato in tutti i modi di inventarsi uno schema di illuminazione alternativo al solito flash sulla fotocamera?).

C'è da fare attenzione nel calcolare nella maniera corretta il diaframma da utilizzare: molti prendono in considerazione la distanza fotografo-soggetto, quando la distanza da considerare è quella tra flash e soggetto (errore più comune di quello che si pensi).

A parte che già con un solo flash staccato dalla fotocamera le possibilità creative sono enormi, volendo si possono acquistare due flash (anche di diverso numero guida), due zoccoli portaflash, due cavetti, e una ciabattina con presa multipla PC; in questo modo le alternative aumentano a dismisura (senza tenere conto che con una ciabattina a tre contatti PC e un altro flash+cavetto si sarebbe praticamente a posto per iniziare una luminosa carriera di fotografi glamour...modelle a disposizione permettendo!).

Ecco allora il flash principale sopra alla testa del fotografo e un altro dietro i capelli del soggetto, due flash lateralmente al fotografo, un flash che illumina lo sfondo e un altro da tre quarti sul soggetto, e così via.

Stavolta bisogna dimenticarsi completamente degli automatismi, anche quelli incorporati nel flash: già le fotocellule tendono a sbagliare, se poi le fonti di luce sono due...

Infatti, può capitare che uno dei due flash parta in leggero ritardo (siamo comunque nell'ordine di 1/10.000 di secondo), e al momento di scattare nota la luce proveniente dall'altro; provate ad immaginare il risultato...

In generale il fatto che i flash siano dello stesso numero guida semplifica i calcoli necessari all'uso manuale, ma nulla impedisce di utilizzarne con numero guida diverso; l'importante è che se ne tenga conto al momento di decidere posizione e distanza degli stessi rispetto al soggetto.

Non è nemmeno necessario che siano posti alla giusta distanza: ad esempio, due flash di pari numero guida e posti uno a distanza doppia dal soggetto rispetto all'altro genereranno una differenza di luminosità di uno stop tra le rispettive parti illuminate (cfr. regola del numero guida), consentendo ulteriori variazioni sul tema nell'illuminazione.

Come vedete, le possibilità sono enormi.

Però che palle la luce che proviene da un solo punto nello spazio!

Già, infatti è raro che venga usato il semplice flash, almeno negli studi di posa.

In commercio esistono numerosissimi accessori che consentono di modificare le caratteristiche del fascio luminoso emesso dai flash: diffusori, alette, ombrelli, e tante altre cose.

C'è solo un piccolo inconveniente: non sempre questi accessori economicamente sono alla portata del fotoamatore, per quanto appassionato egli sia... Come fare?

Autocostruirseli.

Un semplice bank
Per chi non lo sapesse, il bank non è altro che quella specie di cassettone nero con davanti una tela bianca, da cui esce una bellissima luce diffusa; quello che sto per scrivere non è farina del mio sacco, ma ho preso lo spunto da un articolo apparso su una rivista specializzata.

Per prima cosa occorrono dei rotoli di alluminio da forno (tipo Domopak), colla, nastro adesivo da pacchi (marroncino, largo) e un bel pezzo di tela bianca di quelle per ricamo (sconsigliato il lino e altre stoffe cosiddette pesanti, assorbono troppa luce); poi, una volta decisa la dimensione del bank, si deve trovare una scatola di cartone (che sia molto resistente!) di dimensioni adeguate.

Si inizia prendendo una striscia di alluminio, la si arriccia, poi la si distende di nuovo (deve venire fuori una striscia piuttosto "grinzosa"); si spande la colla dentro la scatola, e poi si incolla la striscia di alluminio prima preparata.

Si ripete il tutto con altre strisce, fino ad aver tappezzato interamente l'interno della scatola; ovviamente vanno tolti i pezzi di cartone che formano il coperchio della scatola stessa.

Dopo che la colla si è seccata, occorre praticare un buco su un lato della scatola, possibilmente uno di quelli più corti, a misura per la testa del flash.

A questo punto, si prende la tela e la si stende davanti all'apertura della scatola (non quella per il flash), e la si mantiene ben stesa in posizione con il nastro adesivo.

Un ulteriore tocco di professionalità lo si può ottenere riutilizzando quei pezzi del coperchio della scatola che sono stati in precedenza tolti, attaccandoli (sempre col nastro adesivo) alla loro posizione originale, usandoli come alette di direzione della luce.

Chi ha la mania del bricolage può costruirsi la scatola con del robusto compensato: si ottiene lo stesso risultato e con una robustezza molto maggiore.

Per esperienza, consiglio anche di verniciare di nero opaco la parte esterna della scatola, così si evitano emissioni spurie di luce dai lati (raro, ma non impossibile).

A questo punto, si inserisce la testa del flash nel buco precedentemente aperto, dirigendo la parabola verso il fondo della scatola, volendo si fissa il tutto con del nastro adesivo, e si può iniziare a scattare.

Ma... come mi regolo con la potenza?

Per mia esperienza, occorre considerare la luce emessa pari a un terzo di quella reale del flash, vale a dire che occorre dividere per 3 il numero guida del flash utilizzato; questo vale se non si eccede la dimensione di 70-80 cm per lato.

Dal momento che ogni bank ha una sua caratteristica costruttiva, però, consiglio di effettuare delle prove con delle diapositive, partendo da un paio di diaframmi più aperti rispetto al valore sopra detto e finendo a due diaframmi più chiusi rispetto a quello corrispondente ad 1/2 del numero guida, e poi verificare quale di questi scatti corrisponda alla giusta illuminazione: moltiplicando poi il diaframma trovato per la distanza che c'era tra bank e soggetto, si ottiene il numero guida del complesso flash+bank.

Ad esempio, avendo un flash con numero guida 45, ed avendo quindi (45 / 3) = 15 come numero guida ipotizzato, mettiamo il soggetto a due metri dal bank; il diaframma per questa configurazione e relativo ad 1/3 del numero guida è 8 (7,5 arrotondato), quindi iniziamo con due diaframmi di apertura in più (f/4).

Visto che il diaframma relativo alla metà del numero guida è f/11, gli scatti saranno quindi operati con questi valori:

f/4 - f/5,6 - f/8 - f/11 - f/16 - f/22

Se la giusta esposizione la si ottiene a f/8, vuol dire che il numero guida di tutto il complesso sarà 8 x 2 (la distanza bank-soggetto) = 16


In linea di massima, per ritratti o mezzi busti può bastare un bank di mezzo metro di lato posto a non più di un metro (= due volte il lato massimo del bank), per la figura intera occorre almeno un lato di un metro e mezzo a non più di tre-quattro metri dal soggetto.

In base alla regola del numero guida, è evidente che in quest'ultimo caso debba essere almeno 10 per consentire di scattare con pellicola da 100 ISO con un comune 100 o 135 mm, la cui apertura massima in genere è f/2.8 (non voglio parlare di quei fortunati che posseggono i vari 85mm f/1.8 o f/1.4); di conseguenza il flash utilizzato dovrà avere almeno numero guida 30, e considerando che un bank di grosse dimensioni tende a disperderne la luce, non si può fare a meno di un flash con numero guida 45.

Da questa ultima considerazione avrete anche capito che il dimensionamento di un bank non è molto semplice: oltre al numero guida del flash utilizzato occorre infatti considerare anche che tipo di foto verranno fatte.

Che altri accessori posso autocostruirmi?

Il più semplice di tutti è il classico foglio di polistirolo su cui viene orientata la parabola del flash, illuminando la scena per riflessione; il foglio può essere fissato con del filo di ferro al flash stesso, stando attenti che la luce diretta del flash non illumini il soggetto.

Questa è una tecnica di illuminazione molto semplice, utilizzabile senza problemi anche sui flash montati sulla slitta della fotocamera, essendo il polistirolo particolarmente leggero; come controindicazione, possiamo dire che non è facile girare attorno ad un fonte battesimale o ad un altare con un pezzo di polistirolo di mezzo metro di lato attaccato alla macchinetta...

Per chi ha problemi di spazio o voglia una specie di "effetto sole" si può utilizzare un vecchio ombrello a cui sia stato tolto il manico; dopo averlo foderato internamente con del lino o della stoffa comunque bianca incollandola o cucendola ben tesa e SOLO AI BORDI all'ombrello stesso, si inventa un sistema di aggancio della stecca al flash facendo in modo che la sua luce sia diretta verso la stoffa, e la stoffa va diretta verso il soggetto fotografato.

Attenzione, con questo sistema le luci spurie saranno moltissime; oltre al fatto che la parabola del flash non è racchiusa all'interno di qualcosa, la tela con cui normalmente è fatto un ombrello non è molto schermante; altra complicazione, è praticamente impossibile illuminare correttamente un soggetto usando un flash dal numero guida inferiore a 40-45, dal momento che per sua natura l'ombrello va messo piuttosto lontano dal soggetto stesso e la riflessione della stoffa non è paragonabile all'alluminio utilizzato per il bank descritto sopra.

Anche per questi due sistemi il mio consiglio è di fare delle prove sistematiche, scattando con diapositive a tutti i diaframmi consentiti dall'obiettivo e annotandoli, e poi ricavarsi il numero guida effettivo del sistema flash+accessorio con una semplice moltiplicazione.

Finalmente ho la mia bella sala di posa... e se volessi andare in esterni, magari di notte?

A parte un bank di grosse dimensioni, tutto il resto è facilmente trasportabile.

Il discorso è diverso se si vuole fotografare un'ampia distesa notturna, una spiaggia di notte, o un altro soggetto comunque esteso: è chiaro che nemmeno con tre flash si ottiene l'effetto desiderato.

Occorre usare una tecnica chiamata "open flash".

Anzitutto occorre utilizzare pellicole di bassissima sensibilità (di notte?? Si!), e usare su cavalletto una fotocamera che abbia o la posa T (una pressione al pulsante di scatto apre l'otturatore, un'altra pressione lo richiude) o la possibilità di usare un comando a distanza che consenta di mantenere aperto l'otturatore senza dover mantenere premuto alcun pulsante.

Dopo aver impostato uno dei diaframmi più chiusi sull'obiettivo, si apre l'otturatore e si inizia a passeggiare per la scena, portandosi dietro il flash e spingendo il bottoncino di lampo nei punti che si desiderano.

La bassa sensibilità e il diaframma molto chiuso non permetteranno alla pellicola di riprendere il fotografo che cammina, mentre verrà comunque ripresa la scena di volta in volta illuminata dal flash.

Dopo aver dato quattro o cinque colpi di flash nei punti desiderati, si può tornare alla fotocamera e richiudere l'otturatore.

Dal momento che questa tecnica è piuttosto difficile da assimilare, ed anche una volta assimilata i risultati non sono sempre quelli sperati, conviene sempre scattare almeno tre-quattro fotogrammi con diversi punti di illuminazione; è sempre possibile pianificare i punti da illuminare e quelli da cui far partire il flash tramite la regole del numero guida, ma conviene comunque fare più scatti alla stessa scena.

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